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Tutta la vita è Yoga

Loto Bianco

Il vero atteggiamento, il segno e la prova che siamo vicini alla mèta è una perfetta uguaglianza d'animo che ci fa accettare, con la stessa gioia tranquilla, il successo e l'insuccesso, la fortuna e la sventura, la felicità e l'infelicità, perché tutte queste cose sono divenute i doni meravigliosi che il Signore, nella sua infinita sollecitudine, riversa su di noi.

Loto Rosso

La vita, non un qualche aldilà lontano, silenzioso e assolutamente estatico; la vita soltanto è la sfera del nostro yoga. Le maggiori difficoltà sono pure le migliori occasioni per superale.


Yogi

Precisamente perché l'uomo è espressione e simbolo di un'esistenza superiore calata in un mondo materiale, dove l'inferiore ha la possibilità di trasformarsi assumendo la natura del superiore e il superiore di rivelarsi nelle forme dell'inferiore. Sottrarsi alla vita che ci è data per realizzare questa possibilità trasfiguratrice non può essere assolutamente la condizione indispensabile, né il modo più valido ed ultimo della nostra realizzazione. Non può essere che una necessità temporanea in determinate condizioni o uno sforzo speciale molto spinto che si può imporre ad alcuni individui per preparare la specie a una possibilità collettiva più grande. L'utilità vera dello yoga, il suo scopo completo non si possono raggiungere che quando lo yoga, subcosciente nella natura, coincide esteriormente con la vita e, una volta di più, mirando allo stesso tempo al cammino da fare e alla realizzazione, noi possiamo dire in un modo più perfetto e più chiaro: "In verità, la vita tutta quanta è uno yoga".

Sri Aurobindo - Sintesi dello Yoga

Ci sono diverse strade di yoga e ciascuna ha una mira e uno scopo diversi avanti a sé. È comune a tutte le strade vincere i desideri, metter da parte i normali rapporti della vita, e cercare di passare dall'incertezza alla certezza eterna. Si può anche tentare di dominare il sogno e il sonno, la sete e la fame e così via. Ma non rientra nel mio yoga non aver nulla a che fare con il mondo o con la vita o uccidere i sensi o inibire del tutto la loro azione. Il fine del mio yoga è trasformare la vita, facendo scendere in essa la Luce, il Potere e la Felicità della Verità divina e le sue dinamiche certezze. Questo yoga non è uno yoga di ascetismo e di fuga dal mondo ma di vita divina.

Sri Aurobindo - Lettere

In questo yoga è di suprema importanza che nella trasformazione sia inclusa la coscienza esteriore, e la meditazione non può fare questo. La meditazione vale solo per l'essere interiore. Così è di importanza fondamentale il lavoro: deve solo esser fatto con retto atteggiamento e nella retta coscienza; in tal modo è altrettanto fruttuoso quanto può esserlo qualsiasi meditazione. (...) Quando dico lavoro, io non intendo l'azione compiuta nell'ego e nell'ignoranza, per la soddisfazione dell'ego e dietro la spinta del desiderio rajasico. Non può esserci Karmayoga senza la volontà di sbarazzarsi di ego, rajas e desiderio, che sono il marchio dell'ignoranza. Né intendo la filantropia, il servizio all'umanità e tutte le altre cose - morali o ideali - che la mente dell'uomo sostituisce alla verità più profonda delle opere. Con 'lavoro' intendo l'azione fatta per il Divino e in sempre maggior unione col Divino; per Esso solo e nient'altro. Naturalmente questo all'inizio non è facile, non più di quanto lo siano la meditazione profonda e la conoscenza illuminata, o anche il vero amore e la bhakti. Ma come le altre cose questa va iniziata nello spirito e nell'atteggiamento giusti, con la retta volontà interiore: tutto il resto seguirà. (...) Praticare il lavoro aiuta a mantenere l'equilibrio fra l'esperienza interna e lo sviluppo esterno; diversamente si rischia che si crei una certa unilateralità e una certa mancanza di misura e di equilibrio. Oltre a questo, seguire la sadhana delle opere è necessario, in quanto alla fine permette al sadhak di estrinsecare nella natura e nella vita esterne il progresso interiore e favorisce il completamento della sadhana.

Sri Aurobindo - Lettere

Nello yoga integrale, tutta la vita, fino al suo più minuto particolare, deve essere trasformata, divinizzata. In questa impresa nulla vi deve essere di insignificante, di indifferente. Non potete dire: "Quando medito, quando leggo un libro di filosofia o quando ascolto queste conversazioni, mi mantengo in uno stato di aspirazione e di ricettività alla Luce; ma quando invece esco per andare a fare una passeggiata o a trovare gli amici, posso concedermi di dimenticare queste cose". Se persisterete in questo atteggia mento, non verrete mai trasformati né raggiungerete mai la vera unione: rimarrete sempre divisi; avrete tutt'al più solo qualche percezione di una vita superiore. Riuscirete forse ad avere alcune esperienze, alcune realizzazioni nella vostra coscienza interiore durante la meditazione, ma il vostro corpo e la vostra vita esteriore rimarranno immutati. Un'illuminazione interiore che non tenga conto del corpo né della vita esteriore non è di grande utilità, poiché lascia il mondo cosi com'è. E' quanto è sempre accaduto fino ad oggi. Persino coloro che avevano una grandissima e possente realizzazione si ritiravano dal mondo per vivere, senza essere disturbati, nella quiete e nella pace interiori; il mondo era lasciato a se stesso, mentre la miseria, la stoltezza, la Morte e l'Ignoranza mantenevano la loro sovranità incontestata su questo piano materiale dell'esistenza. Per coloro che si ritirano in questo modo, è forse piacevole sfuggire alla tormenta, voltare le spalle alle difficoltà e trovare altrove, per se stessi, uno stato di beatitudine. Ma lasciano la vita e il mondo immutati, come pure la loro coscienza, senza parlare del loro corpo, meno rigenerato che mai. Quando tornano nel mondo fisico, si comportano di solito peggio della gente comune, perché hanno perso il controllo sulle cose materiali e il loro modo di comportarsi nella vita può rivelarsi incoerente e impotente, alla mercé di ogni forza che passa.
Un ideale di questo tipo può andar bene per coloro che lo vogliono; ma non per il nostro yoga. Noi vogliamo la conquista divina di questo mondo e di tutte le sue espressioni e la realizzazione del Divino qui, sulla terra. Ma se vogliamo che il Divino regni qui, dobbiamo darGli tutto ciò che abbiamo, tutto ciò che siamo, tutto ciò che facciamo. Non dobbiamo certo pensare che vi sono cose senza importanza, che la vita esteriore, con tutte le sue necessità, non fa parte della Vita Divina. Se pensassimo in questo modo, rimarremmo sempre allo stesso punto, immobili; il mondo materiale non verrebbe conquistato; niente di durevole potrebbe essere fatto.

La Madre - Conversazioni