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La Vita Divina
 
La Natura vivrà per manifestare il Dio segreto,
lo spirito farà il suo gioco umano,
questa vita terrestre diverrà vita divina.

Sri Aurobindo - Savitri - Libro XI - Canto primo



La Vita Divina

Dalla prefazione a La Vita Divina, Edizione italiana a cura di Paola De Paolis - Edizioni Mediterranee

La Vita Divina apparve per la prima volta a puntate, nei suoi cinquantadue capitoli originali, fra l'agosto 1914 e il gennaio 1919, nel mensile in inglese Arya, pubblicato da Sri Aurobindo a Pondicherry dal '14 al '21, fu poi da lui riveduta e ampliata negli anni '39-'40. In quella rivista le esperienze interiori dell'Autore andarono costituendo il corpo fondamentale di quegli scritti che è forse improprio definire `filosofici' nel senso corrente (Ciò che scrissi fu il lavoro dell'intuizione e dell'ispirazione operanti sulla base della mia esperienza spirituale. Non ho un'altra tecnica come i moderni filosofi, la cui filosofia considero solo intellettuale e quindi di valore secondario, affermava Sri Aurobindo nel '40). In un articolo che celebrava il quarto anno di Arya, dove Sri Aurobindo coglieva l'occasione per dire qualcosa riguardo al principio che dirigeva i suoi scritti e alla difficoltà presentata da un'esposizione a puntate di più argomenti allo stesso tempo, ci è sembrato di trovare la migliore introduzione possibile per La Vita Divina: valida per i lettori di allora, alle soglie di quella che Sri Aurobindo poteva chiamare "new age'' senza incorrere ancora in una terminologia di moda, essa lo è anche per i lettori di oggi, spettatori o protagonisti, ormai, di quest'era nuova. Ecco dunque, fra l'altro, quanto l'Autore scriveva nel 1918:

"Il nostro proposito era di elaborare una filosofia sintetica che potesse costituire un contributo al pensiero della new age, ormai alle porte. L'idea di partenza è che l'umanità sta andando verso un grande cambiamento della sua vita che porterà alla fine a una nuova vita della razza, - in tutti i paesi dove esiste un pensiero umano c'è ora in varie forme quell'idea e quella speranza, - e il nostro scopo è stato di cercare la verità spirituale, religiosa o altra che può illuminare e guidare la razza in questo movimento e quest'impresa. L'esperienza spirituale e le verità generali su cui tale tentativo potrebbe basarsi ci erano già presenti, altrimenti non avremmo avuto alcun diritto di tentare l'impresa, ma la loro enunciazione completa, le loro conclusioni e i loro argomenti erano da trovare. Ciò ha significato un pensiero continuo, un pensiero elevato, sottile e difficile in più direzioni, e questo sforzo, che abbiamo dovuto imporci, siamo stati costretti a imporlo anche ai nostri lettori. È anche questa la ragione per cui abbiamo adottato la forma della pubblicazione a puntate che, se in un soggetto come la filosofia presenta degli svantaggi piuttosto evidenti, era però l'unica forma possibile.
Era nostra intenzione, all'origine, affrontare la sintesi partendo dalle due linee culturali che dividono il pensiero umano e che, al culmine di questo, si stanno ora incontrando: la conoscenza occidentale e quella orientale; ma a causa delle esigenze della guerra non è stato possibile realizzare questo. L'Arya (...) ha rappresentato un approccio alla suprema verità riconciliatrice dal punto di vista della mentalità e dell'esperienza spirituale indiane, e la conoscenza occidentale è stata considerata da quel punto di vista. L'idea principale che ha diretto qui i nostri scritti ci è stata imposta dalle condizioni stesse del problema. Ogni filosofia s'interessa alle relazioni fra due cose: la verità fondamentale dell'esperienza e le forme in cui l'esistenza si presenta alla nostra esperienza. La più profonda esperienza mostra che la verità fondamentale è la verità dello Spirito; l'altra è la verità della vita, la verità della forma e della forza formatrice e dell'idea e azione viventi. L'Occidente e l'Oriente hanno seguito qui delle direzioni divergenti. L'Occidente ha dato più importanza alla verità della vita e per un certo tempo è arrivato a puntare la sua intera esistenza solo sulla verità della vita, negando l'esistenza dello Spirito o relegandola al dominio dell'ignoto e dell'inconoscibile; ora, sta cominciando a far ritorno da quest'esagerazione. L'Oriente ha dato più importanza alla verità dello Spirito e per un certo tempo, almeno in India, è arrivato a puntare la sua intera esistenza solo su questa verità, trascurando le possibilità della vita o limitandole a uno sviluppo ridotto o a uno stato fisso. Anche l'Oriente sta cominciando a far ritorno da quest'esagerazione. L'Occidente si sta risvegliando alla verità dello Spirito e alle possibilità spirituali della vita, l'Oriente si sta risvegliando alla verità della Vita e tende ad applicare a essa in modo nuovo la sua conoscenza spirituale. Il nostro punto di vista è che l'antinomia creata fra di loro è un'antinomia irreale. Se lo Spirito è la verità fondamentale dell'esistenza, la vita non può esserne che la manifestazione; lo Spirito dev'essere non solo l'origine della vita, ma la sua base, la sua realtà pervadente e la sua suprema e totale risoluzione. Ma le forme della vita, così come ci appaiono, sono a un tempo i travestimenti dello Spirito e gli strumenti della sua manifestazione. L'uomo deve crescere in conoscenza finché esse cesseranno di essere travestimenti, e crescere in potere e qualità spirituale finché esse diventeranno in lui i suoi strumenti perfetti. Crescere nella pienezza del divino è per l'uomo la vera legge della sua vita e modellare la sua esistenza terrestre all'immagine del divino è il significato della sua evoluzione. Questo è il principio fondamentale della filosofia dell'Arya.
Tale verità dev'essere elaborata prima di tutto dal punto di vista metafisico; perché in filosofia la verità metafisica è il nucleo del resto, è l'affermazione delle ultime e più generali verità da cui tutte le altre dipendono o in cui si ritrovano. Per questo abbiamo dato il primo posto a La Vita Divina. Partiamo qui dalla posizione vedantina, dalle sue idee del Sé, della mente e della vita, di Satcitananda e del mondo, della Conoscenza e l'Ignoranza, della rinascita e dello Spirito. Ma il Vedanta, nella conoscenza popolare, è ritenuto erroneamente una negazione della vita, e questa è senza dubbio la tendenza dominante ch'esso ha preso. Benché parta dalla verità originale che tutto è il Brahman, il Sé, esso ha sostenuto alla fine che il mondo è semplicemente non-Brahman, non-Sé; è finito in un paradosso. Noi abbiamo cercato, al contrario, di stabilire dai suoi dati un Adwaita completo. Abbiamo mostrato che la mente, la vita e la materia sono derivazioni dal Sé attraverso una mente spirituale o supermente che è il vero sostegno dell'esistenza cosmica, e l'uomo, evolvendo dalla mente alla supermente, può arrivare alla reale verità dello spirito nel mondo e alla reale verità e legge suprema della vita. Il Sé è Satcitananda e non esiste alcuna insanabile antinomia fra quello e il mondo; solo, noi vediamo il mondo attraverso gli occhi dell'Ignoranza e dobbiamo vederlo invece attraverso quelli della Conoscenza. La nostra stessa ignoranza non è che conoscenza che si sviluppa dalla sua involuzione nell'apparente nescienza della Materia e che sta ritornando alla sua cosciente integralità. Realizzare quel ritorno e manifestare la vita spirituale nell'esistenza umana è l'opportunità offerta dalle successioni della rinascita. Noi accettiamo la verità dell'evoluzione, non tanto nella forma fisica attribuitale dall'Occidente, quanto nella sua verità filosofica, l'evoluzione della vita, della mente e dello spirito qui nella materia e la loro progressiva manifestazione. Al culmine di quest'evoluzione è la vita spirituale, la vita divina (...)"'.

Per chiarire ulteriormente la posizione di Sri Aurobindo riguardo all'Adwaita, è bene forse ricordare quant'egli scriveva in una delle sue lettere relative a quest'argomento in relazione a La Vita Divina:
"Si tende comunemente a parlare dell'Adwaita come se fosse identico al monismo del Mayavada, proprio come si parla del Vedanta come se fosse identico solo all'Adwaita; ma non è così. Esistono parecchie forme di filosofia indiana che si basano sull'Unica Realtà, ma esse ammettono anche la realtà del mondo, la realtà del Molteplice, la realtà delle differenze del Molteplice così come l'identità dell'Uno (bhedābheda). Ma il molteplice esiste nell'Uno e grazie all'Uno, le differenze sono variazioni della manifestazione di quello che è fondamentalmente sempre lo stesso.  Riconosciamo veramente questa come la legge universale dell'esistenza, dove l'unità è sempre la base, con una molteplicità e differenza infinita nell'unità; come, per esempio, esiste una sola umanità ma molti tipi di uomo, una cosa detta foglia o fiore ma molte forme, modelli, colori di foglia e di fiore. Attraverso ciò possiamo risalire a monte penetrando uno dei fondamentali segreti dell'esistenza, il segreto che è contenuto nella stessa Realtà unica. L'unità dell'Infinito non è qualcosa di limitato, di vincolato alla sua unità; essa è capace di una molteplicità infinita. La realtà suprema è un Assoluto non limitato dall'unità né dalla molteplicità, ma capace simultaneamente di entrambe; perché entrambe sono suoi aspetti, benché l'unità sia fondamentale e la molteplicità dipenda dall'unità. È possibile tanto un Adwaita realistico quanto uno illusionista. La filosofia de La Vita Divina è un tale Adwaita realistico. Il mondo è una manifestazione del Reale e quindi è esso stesso reale. La realtà è il Divino infinito ed eterno, Essere, Coscienza-Forza e Beatitudine infiniti ed eterni. Questo Divino col suo potere ha creato il mondo o piuttosto lo ha manifestato nel suo proprio Essere infinito. Ma qui nel mondo materiale o alla sua base egli si è nascosto in quelli che sembrano essere i suoi opposti, Non-Essere, Incoscienza e Insensibilità. Questo è ciò che oggigiorno chiamiamo l'Incosciente, che sembra aver creato l'universo materiale con la sua Energia incosciente, ma questa è solo un'apparenza, perché scopriamo alla fine che tutte le sistemazioni del mondo possono essere state stabilite solo dal lavoro di una suprema Intelligenza segreta. L'Essere che è nascosto in quello che sembra un Vuoto incosciente emerge nel mondo prima nella Materia, poi nella Mente e infine come lo Spirito. L'Energia apparentemente incosciente che crea è in effetti la Coscienza-Forza del Divino e il suo aspetto di coscienza, nascosto nella Materia, comincia a emergere nella Vita, trova di se stesso qualcosa di più nella Mente e trova il suo vero sé in una coscienza spirituale e alla fine in una Coscienza supermentale attraverso cui diveniamo consapevoli della Realtà, entriamo in essa e ci uniamo ad essa. Questo è ciò che chiamiamo evoluzione, la quale è un'evoluzione della Coscienza e un'evoluzione dello Spirito nelle cose e solo apparentemente un'evoluzione della specie. Così pure, la felicità dell'esistenza emerge dall'originale insensibilità, prima nelle forme contrarie di piacere e dolore, e poi deve trovarsi nella beatitudine del Brahman. È questa l'idea centrale nella spiegazione dell'universo esposta ne La Vita Divina".
Tale Coscienza supermentale attraverso cui, come dice Sri Aurobindo in questa lettera, "diveniamo consapevoli della Realtà, entriamo in essa e ci uniamo a essa", e che rappresenta la prossima tappa evolutiva, gli antichi Rishi - o veggenti - vedici, tanti millenni prima di noi, l'avevano cantata nell'insuperabile misticismo dei loro Inni, perché ne avevano avuto esperienza, ed era questa a ispirarli, nella visione concreta di una vita divina a venire. Nel concerto a più voci che oggi si leva nello sfruttatissimo campo di questa ricerca di un Qualcosa (...) Sri Aurobindo sembra restare il diapason inequivocabile, e la sua esperienza la pietra di paragone di tutte le più o meno frammentarie o spurie conquiste e scoperte dei nostri giorni. Moderno Rishi, egli aveva `visto' e cantato l'avvento d'una nuova era nell'epopea spirituale Savitri, a un tempo il suo capolavoro e la summa delle sue esperienze.


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