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SRI AUROBINDO e l' avvenire della Terra Tratto da domani - 15 novembre 1974
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A volte, un grande Pensiero errante vede le età ancora incompiute, afferra la Forza nel suo eterno fluire e precipita sulla terra la visione poderosa che è come un potere di rendere reale quello che essa vede - il mondo è una visione che diventa vera, il suo passato e il suo presente non sono veramente il risultato di una spinta oscura che risale dal fondo dei tempi, di un lento accumularsi di sedimenti che ci modellano a poco a poco - e ci soffocano e ci rinchiudono - ma la forte attrazione dorata del Futuro che ci tira, che lo vogliamo o no, come il Sole tira il loto dal fango, e ci costringe ad una gioia più grande, che non poteva essere né prevista né creata dal nostro fango, né dai nostri sforzi o dai nostri attuali trionfi. Questa prigione che già sta sgretolandosi: "la fine di uno stadio dell'evoluzione, annunciava Sri Aurobindo, è segnato generalmente da una forte recrudescenza di tutto ciò che deve uscire dall'evoluzione. " 5 Lo vediamo da per tutto intorno a noi questo parossistico esplodere di tutte le vecchie forme ‑ le nostre frontiere, le nostre chiese, le nostre leggi e morali crollano da tutte le parti. E non crollano perché siamo cattivi, immorali, irreligiosi, e neppure perché non siamo abbastanza razionali, abbastanza sapienti, abbastanza umani ‑ ma perché abbiamo finito di essere umani! Finita con la vecchia meccanica ‑ perché siamo in transizione vaso un'ALTRA COSA. Non è tanto una crisi morale, che attraversa la terra, quanto una “crisi evolutiva “. Non siamo tanto in marcia verso un mondo migliore ‑ né peggiore ‑, quanto in piena MUTAZIONE verso un mondo radicalmente diverso, tanto diverso quanto poteva esserlo il mondo dell'uomo dal mondo delle scimmie del Terziario. Entriamo in una nuova era, nel quinquenario supermentale. Si lascia il proprio paese, si erra sulle strade, ci si mette alla ricerca di droghe, alla ricerca di avventure, si fanno scioperi, qua e là delle riforme e ancora delle rivoluzioni ‑ ma in emetti, non c'è niente di tutto questo. Siamo alla ricerca dell'essere nuovo, senza saperlo, ci troviamo in piena rivoluzione umana. E Sri Aurobindo ci dà la chiave. E’possibile che ci sfugga il senso della nostra rivoluzione perché vogliamo prolungare l'esistente ‑ raffinarlo, migliorarlo, sublimarlo. Ma la scimmia, quando era in piena rivoluzione scimmiesca per produrre un uomo, forse avrebbe commesso lo stesso errore; forse avrebbe voluto fare una superscimmia, capace di arrampicarsi meglio sugli alberi, di cacciare meglio, di correre meglio, dotata di maggiore agilità e malizia. Anche noi, con Nietzsche, abbiamo voluto fare un “superuomo“, che era solo un super‑uomo; o fare con gli spiritualisti un supersanto, meglio dotato di virtù e di saggezza. Ma non sappiamo che farne della saggezza e della virtù umane! Anche spinte al loro parossismo, restano sempre la vecchia povertà dorata, l'inverso glorioso della nostra tenace miseria: " La superumanità, dice Sri Aurobindo, non è l'uomo arrampicato al proprio zenith naturale, non è un grado superiore della grandezza umana, della conoscenza, del potere, dell'intelligenza, della volontà ... del genio ... della santità, dell'amore, della purezza o della perfezione umane". 6 E’un'ALTRA COSA, un'altra vibrazione d'essere, un'altra coscienza. Ma se questa coscienza non si situa sulle vette dell'umano, dove la troveremo dunque? ... Forse, semplicemente, in quello che abbiamo trascurato da quando siamo entrati nel ciclo mentale ‑ il corpo. E’ la nostra base, il nostro fondamento evolutivo, la vecchia matrice alla quale ritorniamo sempre, e che si fa sempre ricordare facendoci soffrire, invecchiare, morire. "Questa stessa imperfezione ci assicura Sri Aurobindo, racchiude l'impulso verso una perfezione più alta e più completa. Essa contiene l'estremo finito che, nondimeno, aspira al Supremo Infinito. Dio è chiuso nel fango ... ora, il fatto stesso di questo imprigionamento impone la necessità di fare una breccia nella prigione". 7 Qui sta il vecchio Male che non è stato mai guarito, la radice mai cambiata, l'oscura matrice della nostra miseria, solo un poco diversa da quella che era ai tempi dei lémuri. Questa è la sostanza fisica da trasformare, altrimenti essa abbatterà uno dopo l'altro tutti gli artifici i umani o superumani che vorremo incollarvi sopra. Il corpo, la sostanza fisica, cellulare, contiene “poteri onnipotenti“,8 una coscienza muta che possiede tutte le luci e gli infiniti, e tutte le immensità mentali e spirituali ‑ poiché tutto è Divino in verità, e se il Signore degli universi non è in una sola piccolissima cellula, non è da nessuna parte. Questa è l'oscura Prigione originale e cellulare da rompere; e finché non la faremo a pezzi, continueremo a girare inutilmente nei cerchi d'oro o di ferro della nostra prigione mentale. "Le cosiddette leggi assolute della Natura ... sono semplicemente un equilibrio stabilito dalla Natura, un solco in cui essa ha preso l'abitudine di operare per ottenere certi risultati. Ma se cambiate di coscienza, anche il solco cambierà in modo inevitabile". 9 E’ a questa avventura che Sri Aurobindo ci invita, un'avventura nell'ignoto dell'uomo. La terra intera sta passando, suo malgrado suo buongrado, in un nuovo solco ‑ ma perché non di buonavoglia? Perché non dovremmo collaborare a questa avventura mai occorsa, alla nostra stessa evoluzione, invece di ripetere mille volte la vecchia storia, invece di correre appresso ai paradisi artificiali che non potranno mai saziare la nostra sete, o ai paradisi dell'aldilà che lasciano che la terra marcisca con i nostri corpi. “Perché incominciare se è per uscirne? esclamava la Madre, che continua l'opera di Sri Aurobindo. A che cosa serve aver tanto lottato, tanto sofferto, aver creato qualcosa che, almeno nella sua apparenza esteriore, è talmente tragico e drammatico, se è semplicemente per insegnarci ad uscirne ‑ sarebbe stato meglio non incominciare!... L'evoluzione non è un cammino tortuoso per ritornare ‑ un po' malconcio ‑ al punto di partenza; al contrario, dice la Madre, è per insegnare alla creazione totale la gioia d'essere, la bellezza d'essere, la grandezza d'essere, la maestà di una vita sublime, e lo sviluppo perpetuo, eternamente progressivo, di questa gioia, di questa bellezza, di questa grandezza ‑ allora tutto ha un senso”. 10 Il corpo, questa oscura bestia da soma in cui abitiamo, è il terreno d'esperienza dello yoga di Sri Aurobindo ‑ che è uno yoga di tutta la terra, poiché si può capire che se un solo essere in mezzo alle nostre milioni di sofferenze riesce a compiere il saltus evolutivo, il mutamento della prossima età, la faccia della terra ne sarà radicalmente cambiata e tutti i cosiddetti poteri di cui ci vantiamo oggi sembreranno come dei giochi di bambini di fronte allo splendore dello spirito onnipotente incarnato in un corpo. Sri Aurobindo ci dice che è possibile ‑ non soltanto che è possibile, ma che sarà fatto. Si sta facendo. E forse tutto dipende non tanto da uno sforzo sublime dell'umano per trascendere i propri limiti ‑ sarebbe ancora impiegare le nostre forze umane per liberarci dalle forze umane ‑, quanto da un' invocazione, un grido cosciente della terra verso l'essere nuovo che essa già porta i sé stessa. Tutto è già qui, nei nostri cuori, la suprema Fonte che è il supremo Potere ‑ ma bisogna che lo chiamiamo nella nostra foresta di cemento, bisogna che capiamo il nostro significato, bisogna che il grido moltiplicato della terra, di questi milioni d'uomini che non ne possono più, non ne vogliono più sapere della loro prigione, provochi un'incrinatura da dove possa scaturire la vibrazione nuova. Allora, tutte le leggi apparentemente ineluttabili che ci rinchiudevano nel loro solco ereditario e scientifico, crolleranno di fronte alla Gioia dei “figli dagli occhi di sole”.11 “Non aspettatevi niente dalla morte, ci ripete la Madre, la vita è la vostra salvezza. In essa bisogna trasformarsi. Sulla terra si progredisce, sulla terra si realizza. E’ nel corpo che si consegue la vittoria". 12 "Non permettere che la prudenza del mondo bisbigli nelle tue orecchie: perché è l'ora dell'inatteso." 13
Pondicherry, 9 dicembre 1971
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