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Nirodbaran




Dodici anni con Sri Aurobindo di Nirodbaran - Cap. 2 LA GUARIGIONE

Il resoconto di Nirod inizia alla vigilia del Darshan del 1938 quando Sri Aurobindo cade, inciampando su una pelle di tigre, fratturandosi il femore. Uno spaccato delle prime esperienze di Nirod, ora a diretto contatto con il Maestro.

Dicembre e gennaio trascorsero tranquillamente. Eravamo ora sempre in attesa del momento di togliere le stecche. Il dottor Rao, nelle sue visite settimanali, insisteva ogni volta per levarle finché, vedendo che noi accoglievamo con ilarità le sue pressanti richieste, promise di non toccare più l'argomento; promessa che manteneva solo fino alla visita successiva. (...)

(...) Non ricordo esattamente quando lo specialista venne e tolse le stecche. Probabilmente fu nella terza o quarta settimana di febbraio; immediatamente l'intero arto, dalla coscia in giù, si gonfiò con nostra profonda costernazione. La coscia aveva un aspetto terribile, grossa quasi il doppio del normale. La Madre manteneva un silenzio inquietante, ma Sri Aurobindo era noncurante come sempre. Lo specialista ribadì che tali complicazioni si potevano manifestare in certi casi e perciò non dovevamo preoccuparci, l'edema non avrebbe avuto conseguenze e si sarebbe gradualmente ridotto. Era però soddisfatto di come l'osso si fosse ben saldato: con la terapia giusta, le cure appropriate, massaggi, impacchi, passeggiate graduali, eccetera, la gamba sarebbe tornata normale. La Madre comunque non rimase soddisfatta delle spiegazioni. Lo interrogò a fondo sulla causa dell'edema, la sua patologia, le complicazioni, i pericoli ed ogni possibile conseguenza. Quando lo specialista affermò che in certi casi i movimenti potevano provocare il distacco di un grumo di sangue nelle vene e causare serie complicazioni, la Madre subito colse la contraddizione e gli chiese come potesse allora raccomandare il massaggio ed i movimenti passivi. Il Medico, che non era preparato ad una domanda così acuta da parte di una 'donna', rispose che la Madre era una persona molto intelligente! Riferimmo di questa osservazione a Sri Aurobindo che, semplicemente sorrise. Tutti eravamo molto depressi per questa avversità poiché avrebbe ritardato la sua guarigione. Io ero particolarmente turbato ed ansioso perché non avevo mai affrontato prima una tale situazione e, come medico, dovevo risolverla tutta da solo. Avevo davvero bisogno di molta forza e fede. Fino a quel momento era stato Sri Aurobindo a darmi il suo costante sostegno spirituale nella mia attività, ed ora il Divino medico era il paziente.(...)

Nel frattempo scrissi della complicazione al dottor Manilal, chiedendogli di venire da Bombay e di portare con sé due o tre paia di stampelle. Poi fu il piede destro a richiamare la nostra attenzione. Per la cattiva circolazione e l'inattività si era raggrinzito ed appariva rimpicciolito di quasi la metà mentre la pelle della pianta era diventata secca come pergamena. La Madre portò una fine crema bianca e mi chiese di applicarla; Sri Aurobindo si sedette, stese la gamba destra e la madre restò lì vicino per controllare l'applicazione. La sua presenza intaccava la mia sicurezza e cominciai il lavoro goffamente. "No, no, non così", esclamò. La sua protesta mi indicò subito il metodo giusto, così sorrise e mi disse: "Sì, così va bene!" Sri Aurobindo come al solito si godeva la scena. L'intero strato di pelle della pianta del piede, sottile e bianco come la cera, si tolse come uno stampo. Come appariva piccolo e tenero il suo piede! Egli ha scritto a proposito della sua lotta interiore: Le mie ferite aperte sono mille ed una, nella sua poesia Il lavoro di un Dio, ed ecco sul suo essere fisico una ferita esteriore che si aggiungeva alle altre. Eppure, nessuna lamentela, la guerra è guerra! (...)

(...) Quando il dottor Manilal arrivò, sospirai di sollievo! Non fu molto felice nel constatare i nuovi sviluppi, ma sperava che tutto sarebbe andato bene. Si trovò di fronte a tre problemi che affrontò con la sua caratteristica efficienza: il gonfiore, la rieducazione del paziente a camminare ed il movimento dell'articolazione del ginocchio. Il gonfiore, secondo lui, sarebbe diminuito progressivamente, continuarono così massaggi delicati e impacchi caldi e freddi, seguiti in un secondo tempo da docce calde. Notavamo infatti che diminuiva di settimana in settimana, ma ci vollero alcuni mesi perché scomparisse completamente. (...)

(...) Il primo giorno che usò le stampelle fu un momento memorabile per tutti noi. Alla presenza della Madre lo facemmo alzare, gli porgemmo le stampelle e gli mostrammo come usarle. Si mosse maldestramente e disse: "Sì, è facile a dirsi." Furono provate due o tre paia di stampelle, ma nessuna di queste andò bene. Allora la Madre suggerì che avrebbe camminato più facilmente appoggiandosi a due persone, una per parte. Fu un'idea felice poiché vedere Sri Aurobindo camminare con le stampelle ci avrebbe ricordato la sua stessa frase sullo zoppicante moto onnipotente di Efesto, un insulto alla sua splendente e magnifica figura. Purani e Satyendra furono scelti dal dottor Manilal come suoi sostegni umani, molto più appropriati di quelle goffe grucce di legno! Così iniziò la rieducazione. Il paradosso del Divino che chiedeva il fragile aiuto umano alimentò il mio senso dell'umorismo. Poiché i due uomini erano di differente statura, la Madre sostituì Satyendra con Champaklal sul lato sinistro, così la combinazione divenne perfetta e Champaklal potè soddisfare la sua aspirazione. Egli fu l'ultimo sostegno che Sri Aurobindo avrebbe lasciato. Infatti, appena i suoi passi divennero più sicuri, cominciò ad usare un bastone con la mano destra, mentre Champaklal lo sosteneva a sinistra, finché un giorno anche lui non fu più necessario.. Come si venne a sapere che il Maestro usava un bastone gliene furono offerti diversi: uno fatto persino con legno di Tè dell'Assam! (...)

(...) I giorni diventavano più caldi ed egli sudava abbondantemente. Non c'era un ventilatore da soffitto e mentre camminava per la stanza cercavamo di fargli fresco con dei ventagli; ma che cosa potevano fare due piccoli ventagli a mano che ondeggiavano come ali di uccellini nel caldo soffocante della stanza chiusa? Sri Aurobindo non sembrava preoccuparsene, noi sì. Purani ebbe una brillante idea: arrivò con un enorme ventaglio costruito con foglie di palma bordate di stoffa rossa, come quelli in uso per le divinità dei templi. La Madre sorrise ed approvò. Presa posizione vicino alla porta, Purani iniziò a sventagliare con tutto il vigore delle sue nude e muscolose braccia provocando una piccola bufera. Noi ci godevamo la scena: era proprio adatta alla sua struttura da gigante! Lo maneggiava molto bene.
Accadde poi che per diversi giorni Purani non poté venire ed il ventaglio restò lì inattivo come il mitico arco nella caverna. Allora con trepidazione lo presi io, un pigmeo in confronto al gigante, ma non vedendo disapprovazione sul viso della Madre mi misi al lavoro. Il risultato non fu male, mi sentivo piuttosto orgoglioso. Ma, ahimè, l'orgoglio ebbe ben presto la sua caduta! Infatti un giorno, a causa di un 'passo falso', o meglio, di una 'mano falsa', colpii con il ventaglio la schiena di Sri Aurobindo proprio mentre faceva dietro-front davanti a me! Immediatamente si girò e mi sorrise con indulgenza. Anche la Madre sorrise gentilmente, sollevandomi dalla schiacciante vergogna. Fortunatamente per il Guru ed il discepolo la cosa non si ripeté; in seguito, sia Champaklal che Mulshankar usarono il ventaglio con maggiore destrezza. (...)

(...) Quando, alla fine della passeggiata, il maestro si arrestava al centro della stanza, con il bastone nella mano destra, la figura eretta con la barba fluente sul petto ampio e nudo, le due trecce di morbidi capelli sul davanti  ed uno sguardo lontano nei suoi occhi calmi, egli suscitava nei nostri cuori una dolce passione di amore e di adorazione. La Madre allora gli prendeva il bastone dalle mani e dopo uno scambio di dolci sorrisi se ne andava, poi Champaklal gli si avvicinava per asciugargli il sudore. (...) Poi si passava al bagno del Maestro con delle spugnature su tutto il corpo.(n.d.r) (...) Assieme al bagno iniziavano le conversazioni: Purani dietro, io davanti, il dottor Manilal seduto da un lato, Satyendra in piedi dall'altro. Partecipavamo tutti alla conversazione e nello stesso tempo facevamo il nostro lavoro, mentre Sri Aurobindo, forse grazie anche al contatto con l'acqua calda, lasciava che il suo silenzio si sciogliesse nei discorsi più svariati. (...) Sri Aurobindo seduto al centro ascoltava tranquillamente, o rispondeva, oppure, con nostra gioia, ci prendeva di sorpresa con una battuta spiritosa! (...)

Una volta nel mezzo di un discorso dal quale eravamo tutti presi si udì un lieve bussare. Sri Aurobindo ci guardò e ci chiedemmo chi mai potesse infrangere la nostra intimità. Dopo un altro colpo, uno di noi aprì la porta: con nostra sorpresa vedemmo la Madre con un biglietto in mano. Disse: "Per Sri Aurobindo". Era una notizia importante sulla guerra, appena trasmessa per radio. Questo piccolo incidente sottolinea l'interesse vitale di Sri Aurobindo e della Madre per la guerra. (...) Il dottor Rao, che era molto felice di vedere il Maestro finalmente libero dalla tirannia e restrizione delle stecche, tutte le volte che veniva coglieva l'opportunità di massaggiargli la gamba. "Posso farlo, Signore?" chiedeva, e non dimenticava mai di elogiare Sri Aurobindo come un paziente ideale.

Un'altra imposizione del dottore fu di compiere qualche esercizio per tonificare il corpo. Sri Aurobindo li praticò vigorosamente ogni mattina mentre era ancora a letto, senza mai mancare: la flessione ed estensione delle braccia ed il sollevamento ed abbassamento delle gambe. (...) Né il caldo estivo né una scomoda posizione a letto potevano persuaderlo a rompere la regola. (...) La prescrizione di Manilal fu positiva, poiché con sua grande soddisfazione la figura morbida e matura del Maestro assunse un tono sodo e nervoso ed i muscoli svilupparono dei fini contorni. Perfezione è la parola chiave della Supermente e qualsiasi imperfezione, anche la più piccola, era estranea alla natura di Sri Aurobindo. Un piccolo esempio. Un giorno, mentre stavamo parlando del russare, uno di noi fu così indelicato da dire che anche il Maestro ne aveva l'abitudine. Doveva essere uno strano effetto collaterale dell'incidente, dovuto ad una scorretta posizione del corpo. Lui lo apprese con grande sorpresa e io rimasi stupito nell'osservare che da quel giorno quel difetto fisiologico sparì per sempre! (...)

(...) Grazie tuttavia a questi esercizi ardui ed assidui l'arto guadagnò in forza e robustezza ed il corpo riacquistò il tono perduto. Ricominciò a leggere da sé i quotidiani. Un giorno, mentre davo una rapida occhiata al giornale del mattino, presumendo che egli non fosse ancora pronto, mi sentii chiedere: "Il giornale non è ancora arrivato?"  Glielo passai subito. "Hai digerito le notizie?" mi domandò, e io sorrisi confuso. Umorismo tranquillo e casuale, tipico di Sri Aurobindo.
Arrivò aprile. Il rapido progresso di Sri Aurobindo era ormai noto e la gente cominciò a chiedere con insistenza un Darshan: ne avevamo già perduti due e sarebbe stato lungo e penoso aspettare fino al seguente in Agosto. Anche la Madre cominciò a chiederlo da parte dei bhakta [Devoti, che seguono la via della devozione e dell'amore divino], benché tutte queste richieste fossero superflue; sapevamo infatti che, quando il cuore della Madre si scioglieva, anche quello del Padre non tardava a farlo. Tra l'altro, lei probabilmente voleva vederlo il più presto possibile impegnato nelle sue normali attività: anche per lui la Madre non faceva eccezioni, la sua natura dinamica non tollerava troppo a lungo gli indugi.
Si fissò il Darshan per il 24 Aprile, giorno in cui ricorreva l'arrivo definitivo della Madre a Pondicherry e da allora l'appuntamento con il Darshan di Aprile divenne permanente. La data risultava favorevole anche a professori e studenti poiché era il periodo delle vacanze estive, ma l'orario del darshan doveva essere spostato dalla mattina al pomeriggio. Sarebbe stato un Darshan nel vero senso della parola, in quanto i devoti sarebbero venuti per sostare solo un istante davanti alla Madre e al Maestro, avere il loro Darshan ed andarsene con calma. Sri Aurobindo aveva infatti stabilito in modo chiaro: "Non più lunghi Darshan di sette ore."
Precedentemente il Darshan era stato caratterizzato da un fastoso cerimoniale. Cominciava circa alle sette e trenta del mattino e proseguiva, solo con un breve intervallo, fino alle tre del pomeriggio. I devoti offrivano le loro ghirlande ed i fiori e facevano due, tre ed anche quattro pranam ( Saluto ai piedi del guru) alla Madre e al Maestro che restavano fermi ai loro posti durante tutta la dura prova, sopportando un ulteriore martirio per questa eccessiva esibizione di bhakti, così come Ramana Maharshi soffriva della "peste dei prasad" [Nel rituale hindu vi è l'usanza di offrire alla divinità del tempio o al Guru delle pietanze o dei cibi che, poi, vengono in parte restituiti al devoto come cibo benedetto]. Ora tutto ciò era stato eliminato in un solo colpo dalla forza di circostanze esteriori e tutta la manifestazione si trasformava in una quieta adorazione interiore caratteristica di questo yoga. L'incidente di Sri Aurobindo aveva fatto del cerimoniale del Darshan una cosa del passato. (...)
(...) Con la solita energia la Madre stabilì il programma per la giornata: l'orario del pranzo di Sri Aurobindo ed il momento in cui lei lo avrebbe raggiunto per il Darshan. Noi dovevamo essere pronti e tenere pronto anche lui. Fin dalla prima mattina il tempo iniziò a scorrere velocemente. Si vedeva la Madre correre qua e là, aveva tante cose da controllare! Alla fine, indossato un sari bellissimo, con una corona che adornava la sua bella testa, simile ad una vera dea, entrò a passi svelti nella stanza di Sri Aurobindo prima dell'orario fissato, come era sua abitudine. Ci lanciò uno sguardo veloce. Eravamo tutti attenti, l'intero gruppo era presente poiché era il primo Darshan dopo l'incidente.
Fu contenta di trovarci pronti. Sri Aurobindo indossava un dhoti bianco immacolato con il bordo delicatamente piegato, come si usa in Bengala, ed un chaddar [Sciarpa lunga e larga] di seta sul petto, i suoi lunghi capelli erano lucidi e fluenti, un'immagine che ci ricordava Shiva e Shakti che uscivano per dare il Darshan ai loro bhakta. Sri Aurobindo era davanti e la Madre dietro; sedettero insieme come le altre volte, lei alla sua destra, una visione gloriosa; e la cerimonia iniziò. Comunque fu un Darshan semplice. Uno alla volta i sadhaka si fermarono per un breve istante davanti all'Uno-in-Due, poi proseguirono emozionati ed esaltati dal loro sguardo silenzioso e dalla grazia del loro sorriso; possiamo immaginare i sentimenti del sadhaka nel vedere il loro amato Maestro ritornato al suo stato di salute normale. Il Darshan si concluse in un'ora. (...)
(...) Sri Aurobindo aveva detto: "I Darshan sono periodi di grandi discese!"  Non fu un caso che Hitler avesse scelto il 15 di agosto per la sua entrata regale a Buckingham Palace, ricevendo invece il suo primo duro colpo, né fu un caso che l'India avesse ottenuto la sua indipendenza in quel giorno immortale. Ora che Sri Aurobindo stava finalmente bene  la Madre doveva trovare un lavoro anche per lui. Arrivò proprio opportuna una richiesta dell'Arya Publishing House di Calcutta per un libro di Sri Aurobindo, con preferenza per La Vita Divina. L'opera era apparsa tanto tempo prima sull'Arya ed ora era possibile pubblicarla come libro; la Madre colse l'occasione e chiese la sua approvazione. Sri Aurobindo voleva scrivere uno o due nuovi capitoli, così si mise al lavoro. Fu costruita una nuova scrivania che gli veniva messa davanti di traverso il letto e fu provvista di tre penne, due matite e carta da scrivere.
Per me fu un momento di grande curiosità vederlo al lavoro. Avevamo tanto sentito parlare della mente silenziosa attraverso la quale le idee piombavano giù dall'alto passando direttamente nella penna che, pensai, ora potevo rendermene conto personalmente. Come se uno potesse scorgere la mente silenziosa e le idee invisibili scendere ad una ad una da sopra gli spazi della mente! Se non altro potevo almeno vedere come scriveva: era come noi esseri umani, che scartavamo i fogli, ci interrompevamo e pensavamo? (...)

(...) La Madre doveva essere molto contenta di vederlo nuovamente impegnato, dopo il passaggio attraverso quella lunga notte buia! Con il migliorare della salute incominciò a passare qualche ora seduto su una sedia, dedicando tutto il tempo ad attività spirituali, intellettive e creative. L'incidente lo aveva liberato in modo drastico dalla fatica di otto o nove ore di corrispondenza giornaliera ed ora poteva riprendere la revisione di tutte le sue opere maggiori, una dopo l'altra. (...)



Il libro "Dodici anni con Sri Aurobindo" di Nirodbaran è disponibile tradotto integralmente in lingua italiana presso lo Sri Aurobindo Ashram Pondicherry India. Più specificatamente potrà essere ordinato presso la libreria ufficale dell'Asharam Sabda di cui riportiamo il link sabda.sriaurobindoashram.org/






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