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Nirodbaran




Dodici anni con Sri Aurobindo di Nirodbaran - Cap. 1 L'INATTESO

Il resoconto di Nirod inizia alla vigilia del Darshan del 1938 quando Sri Aurobindo cade, inciampando su una pelle di tigre, fratturandosi il femore. Uno spaccato delle prime esperienze di Nirod, ora a diretto contatto con il Maestro.

.... ma nessuno sospettava che:

Attraverso il cammino del divino Evento
Presaga, la vasta mente della Notte, sola
Nel suo oscuro tempio di eternità,
Giaceva distesa immobile al margine del Silenzio.

Savitri

(...) Com'era naturale, la Madre ricevette nel sonno una forte vibrazione che le fece capire che era accaduto qualche cosa a Sri Aurobindo: di conseguenza si recò immediatamente nella sua stanza trovandolo disteso sul pavimento. La conoscenza generale della medicina ed il suo intuito fecero temere alla Madre una frattura: inevitabilmente suonò quindi il campanello d'emergenza. Quando io arrivai insieme agli altri medici trovammo il dottor Manilal che stava già esaminando la gamba ferita; la Madre era seduta a fianco di Sri Aurobindo e, teneramente, gli faceva aria con un ventaglio. Non potevo credere ai miei occhi: Sri Aurobindo giacente indifeso, la Madre con un profondo, divino dolore sul volto. Diedi una mano al dottore. Come dottore non potei fare a meno di constatare ed apprezzare il corpo di Sri Aurobindo robusto e virile. Il ginocchio destro era piegato, sul suo viso un sorriso perplesso come se si domandasse cosa fosse accaduto.(...)

(...) Fu formata una squadra di assistenti composta da dottor Manilal e altri medici, poi Champaklal, assistente personale di Sri Aurobindo, e Purani che aveva acquisito il diritto di far parte del gruppo per il suo vecchio rapporto con Sri Aurobindo. C'era bisogno di una mano in più. (...)

(...) Si decise di ingessare la gamba e si fece venire il dottor Rao, amico del sadhaka Duraiswamy e primario dell'ospedale di Cuddalore, poiché l'ospedale locale, probabilmente, non sarebbe stato in grado di fornirci l'attrezzatura necessaria. Purani andò a prendere il gesso alla farmacia governativa e finalmente, come prima assistenza, la gamba fratturata fu ingessata. (...)

(...) Il dottor Manilal arrivò dopo colazione e chiese al Maestro come si sentisse; la risposta fu breve e senza alcuna lamentela. Poco dopo venne il dottor Rao che propose fosse chiamato un ortopedico di Madras per un consulto. Egli aveva un amico, il dottor Narasimha Ayer, ben noto per la sua abilità; la Madre approvò ed egli partì per Madras.

Non potevamo far altro che attendere. Il giorno intanto trascorreva. Contavamo le ore e i minuti in attesa del ritorno del dottor Rao e ogni rumore d'automobile ci faceva correre alla finestra. Pondicherry, nel 1938, era molto diversa da oggi e si poteva addirittura contare il numero di vetture che passavano, separate da lunghi intervalli. Così venivamo facilmente ingannati dal suono del clacson, soprattutto per il nostro stato di ansiosa attesa. Il dottor Manilal, al quale l'età e l'esperienza dovevano aver insegnato un po' di samata (pace interiore, equanimità, serenità) e di obiettività, ci ammoniva paternamente di non essere così agitati. (...)

(...) Il radiologo arrivò verso le ventitré con la sua attrezzatura e ci mise tutti al lavoro. Era un uomo giovane, abbastanza elegante e sicuro di sé; scattò alcune radiografie che sviluppò immediatamente, il che fu per noi di grande sollievo. La diagnosi fu un brutto colpo; le radiografie, mostrate subito alla Madre, rivelavano una frattura composta del femore destro, sopra il ginocchio, con due frammenti bloccati saldamente assieme. Sia lo specialista che il radiologo lo ritennero un caso serio. Ci dissero infatti che se i frammenti si fossero spostati all'indietro tutti i principali vasi e nervi situati sotto l'osso si sarebbero rotti provocando gravissime conseguenze!

(...) Il paziente doveva restare a letto parecchie settimane; dopo qualche tempo lo specialista sarebbe tornato per una seconda visita a controllare il progresso della guarigione. Gli altri medici si congedarono e il dottor Manilal s'incaricò di assistere il paziente. Le lastre rimasero nella stanza di Sri Aurobindo parecchi anni, finché un giorno la Madre disse: "Portatele via di qui." Io le presi in custodia, ma in seguito non riuscii più a trovarle.
Non potei fare a meno di notare che dal momento della caduta a quello della partenza del medico Sri Aurobindo restò stranamente calmo e impassibile, come se niente gli fosse successo. Nessuna domanda sulle sue condizioni. né ansietà o lamentele di sorta, soltanto una calma accettazione delle istruzioni dello specialista; fu per questa sottomissione che più tardi il dottor Rao lo definì un paziente ideale. Con la stessa sottomissione Sri Aurobindo aveva accettato le istruzioni di Lele (Maestro spirituale con cui Sri Aurobindo aveva trascorso tre giorni di intensa sadhana) per scacciare tutti i pensieri, ma sappiamo anche che in altre situazioni della sua vita non era stato sempre così remissivo. (...)

(...) A nessuno piaceva lasciare la Presenza, neppure per andare a mangiare, sebbene non ci fosse quasi nulla da fare. Sri Aurobindo senz'altro soffriva per il dolore e il disagio causati dalla posizione cui non era abituato, ma raramente disturbava qualcuno per essere assistito. Ricordo che solo una volta, di notte, si dovette chiamare il medico per certi acuti dolori che lo tormentavano. Poi i giorni cominciarono a tingersi di rosa a mano a mano che il Maestro diventava più comunicativo. (...)

(...) Quando tutto fu ben organizzato ed il nostro lavoro si era incanalato in una routine regolare, iniziarono le 'famose' conversazioni della sera. Sri Aurobindo stava disteso e parlava a voce bassa al piccolo gruppo raccolto attorno al suo letto. Naturalmente in queste occasioni tutti noi, ad eccezione di Purani che se ne stava un poco in disparte, ci accostavamo il più possibile per ascoltare la sua voce finemente cadenzata e le sue opinioni su vari argomenti, dette in tono confidenziale; raramente guardava qualcuno mentre parlava. (...)

(...) Da quanto ho scritto ci si accorgerà che ormai era nata una relazione personale tra il Guru e i discepoli ed il senso di timore era scomparso. A questo proposito il dottor Manilal deve essere considerato la nostra avanguardia: la sua età, la sua professionalità e la sua natura deliziosa come quella di un bambino sciolsero l'apparentemente fredda riservatezza del maestro. Il Divino ha un debole per i guaritori del corpo; il rappresentante umano del guaritore Divino, pur tanto bistrattato, ha ancora un posto nell'economia delle cose! Tuttavia, anche nelle sue relazioni personali, Sri Aurobindo non perdeva mai la propria impersonalità. (...)

(...) Il Divino prese cura di sé stesso. Solo una volta, durante un breve riposo pomeridiano, mi vennero a chiamare; corsi di sopra e Sri Aurobindo disse con un sorriso quasi di rincrescimento: "Oh, niente di importante! Il ginocchio mi fa male da un po', forse la posizione non è giusta." Tentai di aiutarlo, ma senza alcun risultato. Fortunatamente, risistemando la fasciatura, tutto si aggiustò e tirai un sospiro di sollievo quando disse: "Ora va bene." Ma il dolore non doveva essere stato 'niente di importante' in quanto egli non mi avrebbe 'disturbato' per un banale disagio. (...)

(...) Lo specialista aveva consigliato per la serietà del caso e l'età avanzata del paziente, di tenere l'ingessatura dieci settimane. Il dottor Rao. al contrario, voleva per le stesse ragioni ridurre il periodo e sei settimane. In tal lasso di tempo, diceva, l'osso si sarebbe già ben saldato e proprio l'età del paziente sconsigliava una lunga e statica permanenza a letto in quanto erano possibili congestioni polmonari ed il formarsi di piaghe; infatti queste ultime erano già apparse e scomparse. Così ne seguì una commedia sulla proverbiale differenza di opinioni fra medici. Il dottor Rao ci visitava di frequente ed ogni volta insisteva affinché le stecche fossero tolte. Gli faceva pena, diceva, vedere il Maestro costretto a quel modo, senza alcuna necessità, per un periodo così lungo e noioso; diceva anche di aver discusso il caso con lo specialista arrivando però a conclusioni diverse, citando a proprio favore le esperienze fatte in ospedale.
Sebbene dieci settimane ci sembrassero troppe, nessuno di noi si sentiva di affrontare il rischio di una decisione. "Quale rischio?" ribatteva il dottore, "Inoltre, Sri Aurobindo è un paziente straordinario; possiamo sicuramente aspettarci che si prenda cura di sé."
Il risultato di questa insistenza fu infine che la Madre chiese a Sri Aurobindo di decidere egli stesso. Rispose: "Se sono un paziente straordinario, devo anche prendere precauzioni straordinarie. Le forze sono ancora molto attive: non posso essere sicuro di non fare qualche movimento maldestro nel sonno. Arriviamo ad un compromesso tra dieci e sei settimane: diciamo otto settimane." (...)

(...) Il dottor Manilal voleva che lo tenessi informato sulle condizioni di Sri Aurobindo e, forse per assicurarsene maggiormente, ottenne anche l'avallo della Madre. Questo fatto comunque non poté influire sulla mia abituale indolenza, ulteriormente incoraggiata dal fatto che ogni cosa stava procedendo per il meglio. Una volta, forse in seguito alle lamentele del dottor Manilal sul mio silenzio, la Madre mi pose alcune domande in proposito, poi riferì delle mie lentezze a Sri Aurobindo, cosicché dovetti scrivere immediatamente.
In aggiunta al mio lavoro di medico dovevo svolgere anche qualche attività intellettuale, come leggere ad alta voce i quotidiani a Sri Aurobindo. Naturalmente, The Hindu era il giornale preferito. Il suo modo di leggere, che io dovevo seguire, all'inizio mi divertì, ma mi resi conto che anche la maggior parte di noi legge i giornali in modo simile. I commenti che faceva erano molto divertenti. Diceva: "Leggi i titoli principali." Mentre glieli leggevo uno dopo l'altro domandava: "Sì, che cosa dice? Sentiamo."; oppure: "Questo non importa, c'è nient'altro?" Così, in dieci o quindici minuti, gli si riportavano tutte le notizie; l'editoriale lo interessava occasionalmente. Un altro giornale che gli piaceva era The Daily Mail per la sua rubrica Curly Wee e vi mantenne il suo interesse fino alla fine, benché trovasse che diveniva sempre più vecchia e arida.
La sera Purani leggeva The Weekly new Statesman and Nation e qualche volta The Manchester Guardian. Più tardi anche queste letture toccarono a me, finché poco dopo non cessarono. (...)



Il libro "Dodici anni con Sri Aurobindo" di Nirodbaran è disponibile tradotto integralmente in lingua italiana presso lo Sri Aurobindo Ashram Pondicherry India. Più specificatamente potrà essere ordinato presso la libreria ufficale dell'Asharam Sabda di cui riportiamo il link sabda.sriaurobindoashram.org/






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